DUE VOLONTARI PER LA MISSIONE - TESTIMONIANZA di GIUSEPPE CHIANESE                 

 

Nell’autunno del 1937 con Padre Carmine fummo accompagnati dal Procuratore delle Missioni, P. Federico Lupi, in vari centri della Compagnia di Gesù per i saluti prima della partenza, dato che avevamo fatto domanda di partire come volontari per la vita e la nostra meta era Ceylon, oggi Sri Lanka. Elegante nel suo clergyman, Carmine aveva appena terminato lo studio della filosofia nello scolasticato francese nell’isola di Jersey sulla Manica. Come missionari avevamo indossato la tunica bianca con la fascia nera in vita e il crocifisso al petto.
L’ultimo addio a Napoli, il giorno della partenza, fu solennemente celebrato nella chiesa del Gesù Nuovo: la Chiesa italiana inviava ancora una volta i suoi rappresentanti a testimoniare il Vangelo nel mondo. Il Vescovo consegnò solennemente il crocifisso, poi si inginocchiò e baciò i nostri piedi dicendo «Beati pedes evangelizantium».
In molti ci accompagnarono al porto dove ci imbarcammo sulla motonave Conte Biancamano che salpava per l’Oriente: Canale di Suez, India, Australia.
Il 2 gennaio 1938 la nave gettò l’ancora nel porto di Colombo, la capitale di Ceylon. Dopo pochi giorni, dal collegio di Galle, cuore della missione dei Gesuiti napoletani, Carmine fu trasferito al “St. Aloysius College” di Ratnapura per il suo magistero, mentre io partivo per il Sud dell’India. Questi avvenimenti rimasero scolpiti nel cuore e nella memoria di Carmine fino alla morte.
I tre anni a Ratnapura e a Galle introdussero Carmine in un nuovo mondo: intenso studio dell’inglese, ingoiando sorrisi ai suoi sbagli da parte dei convittori che seguiva e poi sui campi da gioco, nello studio, in cappella, al refettorio. Contemporaneamente insegnava catechismo e latino.
Poi ci fu la guerra: anni senza lettere dall’Italia, umiliazioni continue dalla stampa inglese contro la nostra patria, obbligati come nemici agli arresti domiciliari e a presentarci alla polizia che controllava ogni nostro movimento. In quegli anni in cui tutta l’istruzione era fatta in lingua inglese, Carmine sentì il bisogno di accostarsi di più al popolo e cominciò a studiare la lingua del posto, frequentando i bambini della scuola elementare.
Dopo l’ordinazione sacerdotale nel novembre del 1943, iniziò un lavoro infaticabile nelle varie stazioni missionarie – Kegalle, Balangoda, Yatiyantota – accanto a veterani gesuiti belgi e zelanti sacerdoti diocesani. Ben presto si sentì coinvolto nella tragica situazione dei lavoratori tamil, introdotti dal sud dell’India nell’isola dai colonizzatori inglesi e sparsi nelle piantagioni di thè e caucciù. Cercò di portare aiuto anche a loro con visite alle famiglie, su e giù per le piantagioni o nei villaggi di confine, attento alle sanguisughe e alle zanzare.
Come parroco di Yatiyantota, dal 1952 cominciò ad occuparsi dello sviluppo e del funzionamento del “St. Gabriel’s College”, unica scuola inglese del distretto. Ben presto comprò un pullman e un furgone e, per aprire il College alle ragazze, fece intervenire le Suore del Buon Pastore. Gurugalla, a 14 miglia dal centro, un villaggio cattolico sperduto in mezzo ad una marea di centri buddhisti, era in misere condizioni economiche: pezzetti di terra coltivati alla meglio, pochi alberi di banana, cocco e papaia erano l’unica ricchezza degli abitanti.
Padre Carmine maturò l’idea di utilizzare i gusci del cocco per sfruttarne la fibra: nacque così la Scuola Industriale dove venivano prodotte funi molto apprezzate nelle piantagioni.

L'entrata nel villaggio della concordia

La casa Dr Malzoni a Samagigama, usata come ambulatorio medico

Nell’ottobre del 1955 fu nominato Superiore di tutta la Missione di Galle. Si lanciò allora con entusiasmo nel lavoro della promozione delle vocazioni fra i ragazzi srilankesi, sviluppando la Casa Loyola a Galle, alla quale inviava ragazzi e giovani per studiare e prepararsi al noviziato. Era un grande sognatore apostolico, in autentico stile ignaziano. Aveva un sogno, un’idea: ci rifletteva, pregava e poi andava avanti con attivismo febbrile verso le realizzazione, coinvolgendo compagni, amici, benefattori.Così sorse la bella sezione della casa di esercizi a Lewella.
Con lungimiranza cominciò a costruire la Residenza di Colombo, poi diventata sede della Provincia Gesuita nel Paese. Con le mutate condizioni sociali, dopo l’indipendenza dalla Gran Bretagna dello Sri Lanka, si pensò di fondere le due Missioni, quella di Galle, nel Centro Sud dell’isola, retta dai Gesuiti della Provincia di Napoli e quella di Trincomalee – Batticaloa, nell’Est dell’isola, retta dai Gesuiti americani della Provincia di New Orleans, in un’unica realtà amministrativa, diventata poi Provincia.
Libero ormai dagli impegni della missione, Padre Carmine si tuffò di nuovo in un vortice di attività pastorali, nelle parrocchie di Elpitiya, Kahawatta, Lewella, Deniyaya, Nawalapitiya e Cholankanda. Era anche impegnato nella formazione delle Suore dei santi Angeli, una congregazione indigena fondata dal Vescovo Gesuita di Galle, Mons. Joseph Van Reeth.
Non soltanto direzione spirituale, istruzione, colloqui, ma soprattutto un forte impegno per imprimere a tutta la Congregazione un potente movimento missionario.

A Nawalapitiya operò un grande rinnovamento sia in città che nelle piantagioni. I dieci anni di apostolato in quel centro lo coinvolsero nella tragica realtà delle violenze etniche tra Cingalesi e Tamil. Padre Carmine decise di creare un complesso di case per famiglie povere di diverse religioni ed etnie: nacque così il “Villaggio della Concordia Samagigama” per una sessantina di famiglie, grazie alla collaborazione della parrocchia di Mercogliano. Fu poi la volta della realizzazione della Boy’s Town per i giovani poveri, eretta grazie al contributo di numerosi benefattori dall’Italia, dalla Germania, dall’Olanda e perfino dalla Svezia. Il complesso crebbe a passi da gigante con aule per moto-meccanica e tecnologia elettrica, convitto per gli alunni e campi da gioco. Con la realizzazione di questo sogno, Padre Carmine, ormai ottantenne iniziò il lungo, amaro processo di distacco da ciò che gli aveva dato forza e gioia, fino a quando nel 2001 le sue condizioni fisiche lo costrinsero a trovare rifugio nella casa di riposo di Galle, amorevolmente curato dalle Suore della Carità fino alla morte.